Cuba

Il triciclista a pedali che mi accompagna dal terminal del bus fino all’albergo di Cienfuegos mi racconta che é un ingegnere idraulico, ha esercitato la sua professione per 7 anni ma poi ha rinunciato perché il salario non gli permetteva di vivere, cosí ora fa il triciclista a pedali. Come ingegnere prendeva  20 cuc al mese (circa 18 euro), ora per una corsa come la mia da un capo all’altro della cittadina chiede e ottiene 5 cuc. Ovviamente deve pagare per la licenza, peró sembra che tutti quelli che possono si mettono in proprio, lo stato é quello che paga meno. La scuola é completamente gratuita, universitá compresa, ma cosa te ne fai di una laurea se poi non ti permette di campare? Molti medici vanno a vendere dolciumi per strada! Oppure emigrano, e vivono strapagati all’estero.

L’affittacamere di Playa Giron mi dice che di licenza paga 200 cuc al mese per ogni camera che affitta e 60 cuc se offre anche da mangiare: fa pagare 20 cuc per persona a notte nella camera doppia, 30 se la occupa uno solo. Per mangiare, ti prepara quello che vuoi e lo fa abbondante, chiede 10 cuc e 4 per la prima colazione. In pratica, un giorno di mezza pensione  in una camera doppia con bagno, occupata da due persone, costa 34 cuc a testa. Per arrivare a pagare 260 cuc gli bastano 8 persone al mese, poi metti il costo degli alimentari, d’accordo, e della biancheria, che comunque compra una volta sola. Dopo di che guadagna, e guadagna in cuc. E un ingegnere idraulico guadagna 20 cuc al mese. Un cuc (peso convertibile) corrisponde a 24 pesos cubani. Spesso e volentieri non fanno differenza fra le due valute nei numeri dei prezzi, cosí succede che  frutta e  verdura si comprano in pesos cubani, ma il turista  deve comprare in cuc, cioé 24 volte piú cara, mentre gli articoli cosiddetti voluttuari (borse di plastica, scarpe, creme, bibite, sapone, dentifricio...) sono comprabili solo in cuc, a prezzi decenti per il turista confrontandoli con quelli di Milano, ma 24 volte piú cari per i cubani! Mi sembra di aver capito che lo stato passa una base di alimenti, vestiti, detersivi e sapone, ma tutti concordano a dire che é troppo poco e che acquistare quello che non basta é carissimo.

Ora parliamo un po’ del povero turista, che compra 1,14 cuc con un euro se cambia in banca, 1 cuc con un euro se cambia in albergo. Non dimentichiamo che siamo in uno stato che paga il succitato ingegnere idraulico 20 cuc al mese. Al turista 20 cuc servono per affittare una camera per una notte, e stop. E una camera in una casa, perché in un mediocre albergo statale ( sono tutti statali) non se la cava con meno di 45 cuc. E per mangiare un pasto decente gli servono almeno 10 cuc. Le entrate ai musei costano dai 3 ai 7 cuc, qualunque sia il museo. Se poi hai la malaugurata idea di chiedere una spiegazione, non te la cavi senza una mancia, che é di almeno un cuc, sempre che tu abbia moneta spicciola! Ti chiedono la propina (mancia) per qualsiasi cosa, anche per scattarti una foto di fianco alla vetrinetta della cristalleria, foto che tu hai accettato di farti fare per gentilezza verso chi te lo ha proposto e che butterai nel cestino.

Per viaggiare senza rovinarsi la schiena sui sedili di legno delle corriere locali, puoi prendere le corriere di Viazul, compagnia ovviamente statale pensata per i turisti, con automezzi veramente decenti, devo dire. Un tragitto di 140 chilometri costa 14 cuc (circa 12 euro). Tanto per darvi un’idea, in Ecuador per andare da Cuenca a Quito, circa 450 chilometri, con un bus cama (cioé con sedili che si abbassano fino a diventare quasi dei letti) ho speso 10 dollari. Ma basta parlare di prezzi, mi sembra di essere diventata un ragioniere!

Una cosa che mi ha colpito é la quasi impossibilitá di contatto con la gente: si riesce a parlare facilmente solo con gli addetti al turismo. Per la strada, sono pochissimi quelli che ti chiedono una penna o uno shampoo, e quando lo fanno sono discretissimi, sussurrano. Se chiedi un’indicazione, ti rispondono educatamente e nulla piú. Nei tre mesi passati in America Latina mi sono abituata alla, talvolta invadente, cortesia della gente. Soprattutto essendo sola, era un continuo chiedermi da dove venivo, da quanto tempo ero in quella nazione, cosa avevo visto, dove pensavo di andare, se mi piaceva una cosa piuttosto che un’altra. Ogni occasione era buona per attaccare bottone, dalla richiesta di un indirizzo al semplice sorriso complice in una situazione buffa. A volte devo dire che mi infastidivano e facevo fatica a rispondere con cortesia, peró solo in un paio di casi le intenzioni sono state chiaramente per spillarmi soldi, in quasi tutti gli altri era sincera e cortese curiositá, ospitalitá. Ho legato molto piú facilmente con quelli del luogo piuttosto che con i turisti. Qui mi accade esattamente  il contrario, parlo in pratica solo con turisti come me, e quando chiedo a loro come si trovano con i cubani, mi raccontano le stesse cose che succedono a me. Quindi non é che io abbia contratto una strana malattia che allontana la gente! O  che mi sia cosí stancata di avere intorno sempre gente diversa da essere diventata scostante e intollerante, cosa che mi sono seriamente chiesta ( e la risposta non é stata un “no” molto convinto...). Ho quasi l’impressione che la gente sia stata istruita perché non dia spago ai turisti: spenniamoli, ma non facciamoci contagiare dalle loro idee orrende di capitalisti! In effetti, qui di idee straniere ne circolano proprio pochine...Ci sono 4 canali televisivi nazionali, piú alcuni locali, sono severamente proibite le antenne che permettono di captare televisioni estere. Internet puó essere usato solo presentando il passaporto, i cubani possono accedere solo alla posta elettronica e alla rete locale (sempre che abbiano i 6 cuc all’ora da spendere....) Pare che un sempre maggior numero di giovani si attrezzi con PC e modem clandestini e si colleghi di nascosto, ma questo ovviamente non l’ho potuto verificare. Anche perché le pene per chi contravviene alla limitazione mi hanno detto che sono severissime.

Assisto a questa scena. Partendo da Viñales, mi diverto a vedere come uno strano tipo, rosso di capelli, sulla quarantina, e l’addetto della Viazul cerchino di incastrare la bicicletta del tizio nel portabagagli della corriera, giá pieno di zaini e valigie. Alla fine ce la fanno, solo che assieme alla bicicletta rimane incastrato anche il rosso,  cosí scaricano la bicicletta, lui esce dal portabagagli e tutto ricomincia. La seconda volta le cose vanno meglio e tutto si sistema. Saliamo a bordo e il rosso ciclista ha il posto parallelo al mio, dall’altra parte del corridoio. Accanto a lui si siede un cubano, cosa abbastanza strana: le corriere Viazul hanno dei prezzi praticamente proibitivi per i cubani, é raro incontrarli. Peró esistono anche i cubani un po’ ricchi. Il rosso comincia a parlargli, in uno spagnolo didattico cosí chiaro che non faccio fatica a capire anch’io. Peró nella mia ingenuitá non capisco che il “visa” di cui il rosso é sprovvisto non é la carta di credito, bensí il visto cubano (in effetti, mi chiedevo perché mai dovesse raccontare ad un cubano di non avere la carta di credito...). Insomma, per farla breve, viene fuori che questo signore é professore in un’universitá americana,  che non potrebbe trovarsi a Cuba, ma che ci é arrivato passando da non ho capito bene che paese del sudamerica, che sta girando l’isola in bicicletta, tranne i tragitti piú lunghi che fa in corriera. Tira poi fuori due birre dallo zaino e ne offre una al compañero cubano. Lo tempesta di domande, dove abita, quanti figli ha, cosa ha studiato, gli dice quanto é fortunato a vivere in questo paradiso di isola...Il cubano accetta la birra e risponde appena alle domande, non ne fa nessuna allo straniero. Il quale comunque non ne ha bisogno, infatti si lancia in un lungo discorso in cui spiega che pessima sia la scuola statunitense ed invece come sia buona l’istruzione qui, come si viva male negli USA al confronto di qui, come lui sia felice di passare qui il suo mese di congedo, eccetera. Ecco, un monologo tra uno straniero ed un cubano.  Comunicazione a senso unico.

A proposito di senso unico....Vado a vedere il cimitero di Cuba, il Cementerio Colon. La guida dice che é uno dei quattro cimiteri piú belli del mondo, assieme al Père Lachaise di Parigi, al Montjuic di Barcellona ed alla Recoleta di Buenos Aires. In effetti, mi é piaciuto, molto piú della Recoleta. É ampio, con alberi qua e lá, alcune cappelle ed alcune statue un po’ pacchiane, ma molte tombe semplici, tutte simili, basse e bianche. Insomma, un posto dignitoso in una cittá caotica. Quello che disturba é il traffico: i viali sono percorsi da moto, sidecar, taxi, pullman... Vabbé che é grande, peró almeno le visite guidate le potrebbero fare a piedi, invece di portare in giro i turisti col torpedone, facendoli scendere a scattare la foto nei punti principali! Ho girovagato per un paio di ore ed ho incontrato un solo carro funebre. Agli incroci ci sono tutti i bravi cartelli stradali, con gli stop e le precedenze. C’é anche il limite di velocitá, spesso ricordato: 30 all’ora. Ma la cosa piú significativa é che sui due lati dell’arco che sta all’ingresso, dalla parte interna del cimitero, ci sono due cartelli di senso vietato......

Trinidad ed il liquido per le lenti a contatto

Trinidad é un gran bel paesone, almeno per quanto riguarda la parte patrimonio dell’umanitá. Le strade sono acciottolate, le case coloniali, niente macchine nel centro storico, solo carretti trainati da cavalli. Ci sono anche un paio di musei interessanti, uno che era la casa di ricchissimi contrabbandieri ed il solito museo della rivoluzione,  che qui si chiama museo della lotta contro i banditi. Ci sono anche un sacco di turisti e compaiono gli accattoni: non lo fanno apertamente, ma ti avvicinano per strada ed invece di chiederti penne o saponi ti chiedono un peso (ovviamente convertibile). Tutto questo l’ho vissuto grondando sudore (anche se gli isolani qui dicono che é inverno, che fa freddo) ed arrivando a sera stanca morta. Siccome sto in un bellissimo albergo sulla collina, dotato anche di piscina, decido che il giorno dopo lo passeró a riposo, allungata su una sdraio, e la mia unica incursione in cittá sará per cercare il liquido per le lenti a contatto, che sta per finire e che mi dicono si possa trovare solo nelle cliniche. Invero, anche questa commissione potrebbe essere rimandata a Camaguei, vedremo. Giá, vedremo...intanto comincia che la mattina é nuvolosetta, non mi scoraggio e vado lo stesso in piscina. Poco dopo le dieci comincio a sentirmi cosí ridicola, da sola in mezzo ad una cinquantina di sdraio, sotto nuvoloni sempre piú neri in attesa di un sole che se ne guarda bene dal perforarli, con i camerieri che mi guardano compassionevolmente, che decido di tornarmene in camera e magari andare a cercare il famoso liquido. Peró la speranza é l’ultima a morire, soprattutto quando vuoi parecchio una cosa, e decido di aspettare ancora un po’, sul terrazzino davanti al bungalow. Chissá che il vento non cambi...E succede che comincio a sentirmi la testa ovattata, il cuore che batte forte, una gran debolezza. Cribbio, tornano le crisi di panico? Mi alzo e faccio quattro passi, cercare di distrarsi, non farsi prendere dal panico, tanto so che poi passa...E invece non passa. Allora, visto che davanti alla reception avevo  visto un bel cartello che indicava: infermeria, ci vado. Per scoprire che é un bluff, l’infermeria non c’é, manco un armadio di medicine. Peró a questo punto si é messa in moto la catena dei soccorsi: un’impiegata mi fa sedere e mi tiene la mano dicendomi di stare tranquilla, che adesso non sono piú sola, che ci pensa lei a me. Sará cretino, ma mi sono sentita giá un po’ meglio! Intanto l’addetto alle pubbliche relazioni chiama la clinica internazionale e fa venire un’ambulanza. Arriva in una decina di minuti, con infermiera, saliamo io e l’addetto (che nel frattempo, non so perché, mi ha dato il suo bigliettino da visita), ed arriviamo alla clinica. Mi provano la pressione e non mi dicono quanto é, mi fanno un po’ di domande e viene fuori una diagnosi: disidratazione. Mi appiccicano una flebo, mi riempiono di sali minerali e mi tengono in osservazione tutto il pomeriggio. Alle cinque e mezzo sto veramente meglio, finalmente anche la dottoressa decide che posso continuare a riposarmi in albergo. Quando mi dá le bustine con i sali minerali da prendere nei prossimi giorni, mi viene in mente il liquido per le lenti a contatto e le chiedo se lo hanno nella loro farmacia. C’é, cosí compro anche quello. Poi mi rendo conto che ho lasciato sia carta di credito che passaporto in camera, visto che ero uscita per andare all’infermeria dell’albergo. Chiedo che mi chiamino un taxi, ma no, non se ne parla: torno in camera con l’ambulanza, che poi mi riporta in clinica e che poi mi riporta ancora al mio bungalow. E l’autista dell’ambulanza mi lascia il suo indirizzo, peccato che io parta domattina, la prossima volta che torno a Trinidad lo devo chiamare ed andare a cena a casa sua. Insomma, praticamente tutto come avevo progettato: mi sono riposata ed ho comprato il liquido per le lenti a contatto. Unica cosa negativa, il conto di 153 cuc.