Constitucion

 

Tutto comincia a Talca. Arrivo nel tardo pomeriggio in questo bellísimo albergo, fatto di una serie di casette ( ma non casette in serie!) in un parco, circondato da chilometri di vigneti. L’intenzione é di passarci tre giorni di completo far niente, fra prati e piscina. Faccio conoscenza con una signora di Zurigo, si chiama Ute, ha partecipato ad un congresso medico (!) a Santiago ed ora si gode un paio di settimane di vacanza in Cile. É la prima volta che viaggia da sola, e siccome ha 69 anni anche se non li dimostra affatto, tanto di cappello. Mi propone di andare con lei a Constitucion, il giorno dopo: ci si arriva con 3 ore di un treno un po’ particolare e poi si va a vedere le dune. Nulla di nuovo per una viaggiatrice d’esperienza come me, né il treno particolare né le dune, ma la cosa mi attira ed accetto. Dopo di che mi dice che il treno parte alle 7 di mattina e che ha fissato un taxi per le sette meno un quarto...dannazione. Non c’é da preoccuparsi per la colazione: ce la lasceranno fuori dalla porta del ristorante questa notte....dannazione, speriamo che almeno il thermos sia di buona qualitá. Comunque, tutto procede bene, come da programma, fino alla stazione. Facciamo i biglietti ed ecco che per la prima volta in vita mia, mi fanno un biglietto ridotto per la terza etá! Vabbé, c’é sempre una prima volta, ma avrei anche aspettato qualche altro anno senza dispiacermene! Il treno é costituito da due carrozze, quella con la motrice ed un’altra. Cosí vecchie che i finestrini sono quasi tutti tanto rigati che diventa difficile guardare fuori. Riesco a mettermi di fianco ad uno di quelli accettabili, Ute non si accorge che il suo non va bene e passerá praticamente quasi tutto il viaggio a leggere Isabel Allende. Anche questo é un modo di vivere il Cile.

Su questo scassatissimo treno, poco dopo la partenza, compare un inserviente dotato di giacca rossa con bottoni d’oro ed un altrettanto incredibile caschetto di capelli bianchi, che offre caffé e panini. Fa seguito, poco dopo, la capotreno, in una elegantissima divisa blu, una signora leggermente truccata e molto ma molto distinta. Purtroppo non commenta il mio biglietto per la terza etá e si limita a forarlo. Il treno percorre la valle del Maule, fino al mare. La valle é pittoresca, molto verde, anche qui un sacco di vigneti, ma non é cosí lunga da giustificare tre ore di viaggio. Il fatto é che, oltre che nelle scarse stazioncine, il treno si ferma a tirare su e a far scendere la gente praticamente davanti alla porta di casa, come qui fanno i bus.  Uno si é addormentato e non si é accorto che era arrivato: se ne é accorta la capotreno, che sapeva benissimo dove doveva scendere chiunque, ed ha avvertito il macchinista perché si fermasse! A metá strada ci siamo fermati un quarto d’ora ad aspettare il treno che veniva in senso inverso, in uno dei pochissimi tratti a binario doppio.

Arrivate a Constitucion saliamo su un cerro (collina) ad ammirare la bella vista e ci accorgiamo che poi non e’ molto bella. Scendiamo e prendiamo un bus per Putu, che sta ad una ventina di chilometri a nord, dove secondo le informazioni di Ute avremmo potuto camminare sulle dune lungo il mare. Cominciamo con il fatto che le dune non si raggiungono proprio da Putu, ma bisogna continuare per 7 chilometri lungo la strada e poi dirigersi verso il mare. Ci incamminiamo di ottimo passo, sotto il sole di mezzogiorno, su questa strada sulla quale in un’ora passano tre camion. Dopo appunto un’ora vediamo un sentiero che va verso il mare e lo prendiamo, arriviamo dopo un’altra mezz’ora di passo non piú cosí ottimo alle famose dune. Ma il mare manco lo si vede, ci sembra che sia lontanissimo. Dopo un paio di pomodori ed un pezzo di formaggio, resti di un pic nic di Ute di due giorni prima, che per fortuna aveva ancora nello zaino, prendiamo la piú stupida decisione che potevamo prendere: invece di tornare a Putu lungo la strada asfaltata, é molto piú bello tornarci lungo le dune! Peccato che poco dopo esserci incamminate inizi, tra le dune e la strada, un largo acquitrino pieno di canne. Che non finisce piú e ci impedisce di raggiungere la strada. Dopo quasi due ore di cammino, ancora non se ne vede la fine. Siamo un po’ preoccupate, peró l’idea di tornare indietro ci pare ancora peggio di quella di andare avanti. Finalmente, salite sull’ennesima duna, vediamo la fine dell’acquitrino! Ci siamo abbracciate. Ma ovviamente la camminata non era finita, in sostanza c’é voluta un’altra ora in mezzo alla sabbia per arrivare a Putu, dove abbiamo preso il bus che stava partendo, facendo gli ultimi 50 metri in salita di corsa per non rimanere a terra, potenza della disperazione!

Per fortuna da Constitucion si puó anche tornare a Talca con il bus, che ci mette solo due ore. Siamo arrivate in albergo alle otto e mezzo, sono stati cosí gentili da darci ancora da mangiare. Questo é stato il mio primo giorno di riposo a Talca.

 

NAVIGAZIONE : da Puerto Montt a Puerto Natales

 

Parto da Puerto Montt lunedí pomeriggio, dopo aver cambiato i miei programmi nel giro  di mezz’ora: secondo la guida, infatti, per la cosiddetta crociera verso Puerto Natales con il traghetto Magallanes in partenza ogni lunedí si doveva prenotare con largo anticipo e confermare la partenza all’ufficio di Santiago. E siccome non ho fatto nulla di tutto ció, e sono arrivata a Puerto Montt sabato primo novembre, cioé con ben due giorni di festa di seguito, mi sono fatta un bel piano d’azione che prevede di andare a Puerto Natales in aereo (per ora, di bus ne ho abbastanza!). Lunedí mattina quindi mi alzo  con calma, faccio come il solito da quando viaggio un’abbondante colazione, e me ne vado a cercare un’agenzia per combinare l’escursione alla laguna San Rafael, che sempre secondo la guida dovrebbe durare tre giorni e partire anche il mercoledí , ed il volo. Ebbene, l’escursione dura 7 giorni e parte solo di sabato. E allora ci provo, chiedo se per caso c’é ancora un posto sulla Magallanes. Telefonata alla compagnia di navigazione, il posto c’é, il check-in va fatto entro mezzogiorno, l’imbarco é alle due e mezzo. Sono le 11 e mezzo! Il simpaticissimo proprietario dell’agenzia mi accompagna agli uffici della Navimag a comprare il biglietto, poi all’ albergo a prendere (e a fare, ahimé!) i bagagli, scegliendo le cose che mi serviranno, da metttere nella borsa piccola, mentre la valigia grande potrá andare nella stiva. Di corsa all’imbarco, sembrava impossibile ma alle 12 in punto mi presento per il check-in. E mi viene in mente che il passaporto é nella borsa piccola, che ho lasciato in macchina e ormai giá all’agenzia, visto che mi aspettano poi lí. Per fortuna ho in borsa la carta d’identitá e l’impiegata é molto poco formale....Insomma, tutto a posto. Tornata all’agenzia, combino per prenotare due notti a Puerto Natales nell’albergo che mi consigliano loro, e da cui certamente ricavano una provvigione, visto che per tutto il trambusto e la briga che si sono presi per me mi chiedono solo il rimborso della benzina, un dollaro!

Ecco, cosí parto lunedí pomeriggio. Il sole va e viene, l’addio a Puerto Montt é grigiastro, ma riesco a godermi tutta la costa dell’isola di Chiloé, con una parte della sua quarantina di isolette a contorno. Chiloé  é la seconda isola dell’America del Sud, dopo la Terra del Fuoco, ma per me é soprattutto l’isola di Coloane. Ne ho letto in vari suoi romanzi, era uno dei luoghi imprescindibili del mio viaggio in Cile, e quando sabato pomeriggio sono sbarcata dal traghetto della Cruz del Sur, nelle vicinanze di Ancud, confesso che avevo i lucciconi agli occhi. Avete in mente la sensazione che si prova quando si incontra nella realtá qualcosa che nella nostra testa esiste da tempo? Io credo che siamo ormai cosí abituati ad una realtá virtuale da non fare piú caso al fatto che di un luogo possediamo solo delle parole scritte, o tutt’al piú delle immagini filtrate da qualcun altro. Ci sembra di conoscerlo, l’abbiamo giá percorso con la mente, sempre al seguito di qualcun altro. E poi, di botto, eccoci lí, siamo lí davvero, cribbio, la terra sulla quale stiamo camminando é Chiloé, i campi, i prati, le mucche, gli alberi sono Chiloé. E il mare, il vento, tutto, molto di piú di quanto avevamo immaginato, é Chiloé.  Un po’ un misto tra il ritrovare qualcosa di conosciuto e lo scoprire qualcosa di nuovo. Molto, molto bello.

Adesso é martedí mattina, fuori sta piovendo e stiamo attraversando una miriade di isolette, siamo nel Canal de Moraleda. Mentre scrivo, ogni tanto alzo gli occhi e mi vedo davanti (nonostante le nuvole e la pioggerella) un’isola diversa. Poca importanza come si chiami, l’isola, anche qui c’é Coloane: facilissimo immaginare che, doppiato quel promontorio che si vede proprio li´, si entra nella laguna in cui il protagonista ritrova finalmente suo fratello....E certamente quel faro non c’era, quando in queste acque pescavano solo gli Alacaluf, ma loro non ne avevano bisogno. Sará forse per la nebbiolina che circonda la nave, ma il paesaggio sembra provenire da molto in lá nel tempo, chissá se lo spirito della Pincoya, che veglia sui marinai, si sta occupando anche di noi...

Una cosa strana che mi capita da queste parti, e non solo oggi in navigazione, é che ho la sensazione che il nord sia a sud e viceversa. Adesso, per esempio, mi oriento solo perché so che stiamo andando a sud e vedo il mare e la direzione in cui si spostano le isole sullo schermo in grigiocolor della finestra, ma se chiudo gli occhi posso giurare il contrario. Sará perché sto nell’altro emisfero e sono cosí radicata nel nostro tanto che il mio inconscio non ha ancora registrato la differenza? Probabilmente é anche perché molti degli stereotipi a cui sono abituata qui funzionano al contrario: piú vai al sud piú ti sposti verso climi freddi, piú incontri architetture da paesi nordici (nordici per noi europei!), il versante sud delle montagne é quello innevato. 

Sfideró la pioggerella e gli scarsi 8 gradi che ci sono fuori e me ne andró a fare un giro in coperta: devo ben mettere alla prova la mia attrezzatura antartica, se ne sta da due mesi e mezzo comoda comoda in valigia, é ora che cominci a lavorare.

Dopo un po’: l’attrezzatura ha funzionato abbastanza bene, va migliorata la protezione delle estremitá, piedi mani naso, ma tutto sommato posso sopravvivere decentemente.. Ora peró si pone un altro problema: stiamo per entrare nel golfo di Penas e poi saremo nell’oceano Pacifico, si prospettano 12 ore di mare brutto. Ci consigliano di prendere una pillolina, che vendono al bar per solo un dollaro; io non ho mai sofferto il mal di mare peró mi dico che non ho proprio voglia di soffrirlo per la prima volta, cosí prendo la pillolina. Dopo mezz’ora di beccheggiamento, la pillolina torna su in compagnia di una parte del pranzo, con un formidabile attacco di nausea. Bene, dopo il biglietto per la terza etá eccomi con un’altra prima volta: il mal  di mare! La mia idea é di prenderne un’altra, visto che questa non l’ho piú nello stomaco, ma l’intelligente medico di bordo (che incontro al bar...) me lo sconsiglia: se la prima mi ha fatto vomitare, evidentemente non é la medicina giusta per me! Cosí mi spedisce in coperta, raccomandandomi di tenermi bene al corrimano e di fissare l’orizzonte. Beh, da non crederci, ma ha funzionato: dopo un’ora mi ritrovo quasi congelata, con i piedi a mollo per le ondate che arrivano fin su, ma la nausea é completamente passata.  Tant’é vero che per cena mi sono pappata un gran piatto di spaghetti alla bolognese! La notte abbiamo ballato mica male: mi sono messa a pensare di essere in una culla e che qualcuno mi faceva oscillare un po’ rudemente, comunque ho dormito.

Mercoledí mattina: é ancora grigio ma non piove, e soprattutto siamo finalmente tornati nei canali. La navigazione é veramente suggestiva (non mi piace molto questo termine, ma non ne trovo di piú appropriati). A volte il canale é abbastanza ampio, costellato di isolette, poco piú che scogli ma con tanto di piante ed erbetta. Altre volte é cosí stretto che ti chiedi come fará il nostro traghetto a passare. Il tutto circondati da montagne innevate, bianchissime, qui la neve sembra quasi piú bianca che da noi. Stando a prua, sembra di navigare in un lago, neanche troppo grande, e ti chiedi come faremo a venirne fuori, perché c’é sempre un monte davanti al naso! Invece poi, magari all’ultimo momento, si apre il varco e lo spazio é sufficiente per passare.

 Ho scoperto che questa nave ha cambiato nome, infatti era la famosa Magallanes ed é diventata la nuova Evangelistas (ma é rimasta vetusta, purtroppo). La cosa non mi piace molto, so che i marinai se ne guardano bene dal cambiare nome alle barche (tranne mio fratello...), porta sfortuna. Lo pensavo la notte scorsa, quando venivo rudemente cullata con tali scricchiolii....

Alzo gli occhi e sono cosí incantata dal panorama che smetto di scrivere e poi devo rileggere per riprendere il filo. Mi dispiace moltissimo non riuscire a descrivere quello che ho intorno, dal movimento lento e regolare della nave, che ti dá la sensazione di essere in pace con il mondo, senza fretta, va tutto bene, alle montagne innevate, alle coste piene di alberi, che finiscono con delle rocce a volte a picco, a volte che scendono dolcemente. E uccelli strani, oltre agli onnipresenti gabbiani, e qualche otaria, e qualche delfino che abbiamo incontrato nell’arcipelago di Chiloé. I compagni di viaggio sembrano presi dalla stessa malia: praticamente nessuno urla, neanche gli insopportabili tedeschi, chi legge, chi scrive, chi gioca a carte. Molti guardano fuori, molti stanno fuori nonostante siano ormai le tre del pomeriggio ed il termometro segni solo 5 gradi. Per fortuna, non ci sono bambini rompini.

A mezzogiorno siamo sbarcati a Puerto Eden, un’assurditá di paesino, 120 abitanti e tante casette di latta. Mi hanno detto che lí ci sono gli ultimi Alacaluf, non li ho trovati. Sono certa che appena vedono arrivare i turisti del mercoledí si chiudono in casa, sono solo due famiglie, devono sentirsi un po’ come animali allo zoo, li capisco. Peró a me sarebbe piaciuto molto incontrarli! Pazienza.

Il ghiacciaio, il GHIACCIAIO!!! Ci arriviamo alle sei del pomeriggio, proprio come da previsione del capitano. É in un canale laterale, ci vuole piú di un’ora per raggiungerlo, a partrire dal momento in cui lo si vede comparire. Si chiama Pio XI ed é il piú grande di quelli che arrivano al mare, in Sud America (peró devo dire che qui in Cile hanno la tendenza a dire sempre che tutto é il piú grande...): la lingua di gelo che arriva al mare é larga 5 chilometri ed alta 90 metri....questo tanto per darvi alcune notizie pratiche. Noi stiamo ammassati a prua ad aspettarlo, con gli occhi fissi, belli stretti per non avere troppo freddo: le posizioni migliori, davanti a tutti, vengono occupate per poco tempo, perché il vento é glaciale anche lui. In genere, ci piazziamo in posa, ci facciamo fare una foto e poi cediamo il posto molto volentieri! A me va bene perché sono abbastanza alta e vedo bene anche dalla terza o quarta fila, posizione abbastanza riparata. Il ghiacciaio avanza, avanza, inesorabile. Il ghiaccio cambia continuamente di sfumatura, dal bianco al grigio all’azzurro, una spaccatura in mezzo é piú scura. Tutto intorno, alberi e rocce. Ma proprio tanti alberi. Infatti c’é ancora una vegetazione notevole, siamo a 49° di latitudine sud, mentre il ghiacciaio piú meridionale fra quelli che arrivano al mare che si incontra in Europa, é in Norvegia  molto piú vicino al polo. Non é che stai molto a pensare a queste cose, mentre sei lí imbacuccato ad aspettare il ghiacciaio che avanza, peró sono notizie che fanno sentire ancor piú di far parte di qualcosa di particolare. Cominciamo ad incontrare i tempanos, i pezzi di ghiaccio che si sono staccati e che navigano verso il mare, piccoli iceberg, alcuni belli bianco-azzurri, altri decisamente sporchi. L’acqua é marroncina, rigurgitante di detriti: quando la nave alla fine fará manovra per tornare indietro potremo vedere benissimo il diverso colore di quella smossa dalle eliche. Ed eccoci arrivati, siamo vicinissimi, il cielo é rimasto nuvoloso, peccato, ma sembra quasi un prolungarsi della lingua di ghiaccio, solo un po’ piú monocorde. A pensare che dietro quello che vediamo  ci sono piú di 80 chilometri di ghiaccio, lo Hielo Continental, vengono ancor piú i brividi! Finalmente la nave innesta la retromarcia (forse non si dice cosí, ma il concetto é quello), cominciavamo a scommettere su chi avrebbe toccato per primo la superficie ghiacciata! Ora non lo abbiamo piú di prua, sfila lento lento a tribordo (questo sí che é un termine marinaro, vuol dire a destra), diventa ancora piú azzurro, poi scivola a poppa e se ne rimane lí, mentre noi ci allontaniamo. Grandioso ghiacciaio, mi ha fatto del tutto dimenticare le mani congelate: i guanti comprati a Riobamba si stanno disfacendo, bisognerá provvedere. Rientriamo nella sala interna e ci beviamo non una cioccolata calda ma un pisco bello freddo, con dentro un pezzo di ghiaccio del Pio XI, che il nostro ineffabile barman ha pescato mentre noi ce ne stavamo ipnotizzati davanti alla gran massa. Un ghiacciaio vissuto fino in fondo....grandioso ghiacciaio!

Giovedí mattina ci svegliamo con  l’annuncio che ci sono ben 8 gradi, che sta piovendo, che la colazione é pronta nella sala ristorante per tutti i passeggeri (unica notizia piacevole). In effetti, credo che siamo poco piú di un centinaio, mentre la nave puó trasportarne anche il doppio: quindi non é stato necessario fare turni, mi chiedo perché si ostinino ad annunciare che i pasti sono per tutti i passeggeri.

Passiamo per il punto piú australe e per il punto piú stretto della nostra navigazione (sempre il piú...), per fortuna ha smesso di piovere, cosa che paghiamo con un cielo che rimane nuvoloso e soprattutto con un vento sferzante (mai termine potrebbe essere piú appropriato: frustate in faccia, ti prendi, perché é l’unica parte scoperta). Nonostante questo, tutti bravi bravi obbediamo all’invito dell’altoparlante ed usciamo sulla coperta, clic clic, scatti continui di foto. Ieri ho visto un documentario sui pinguini, su come si spostino tutti insieme, si tengano vicini per scaldarsi, facciano sempre tutto in branco: a volte, su questa nave, mi sembra proprio di essere un pinguino. Tranne quando mi piazzo qui, su una poltrona della sala bar, davanti ad una finestra, a scrivere sul PC: allora sono proprio fuori dal branco, un po’ perché gli altri mi diventano un contorno e un po’ perché siamo solo in tre computerizzati, cosí abbiamo scarse possibilitá di essere imitati!

Ho giá cambiato idea non so quante volte su quello che faró a Puerto Natales: gli altri o se ne vanno subito tornando a nord, oppure vanno a fare trekking alle Torres del Paine, un parco nazionale che sta a poca distanza. Io non é che mi senta molto da trekking....Peró ho scoperto che ci sono anche dei giri organizzati di un solo giorno, molta parte in jeep, e questo mi attira. E poi c’é una grotta dove viveva un animale mitico, e anche questo mi attira. Vedremo, intanto ho due notti prenotate ed ho ormai acquistato una certa elasticitá per quanto riguarda i programmi!

 

 

Puerto Natales

 

Mettete insieme Fantozzi, Murphy e la sottoscritta ed otterrete un perfetto mix per il brutto tempo. Ebbene, io c’ero ed evidentemente c’erano anche gli altri due, quando sono sbarcata a Puerto Natales. Dal ponte della nave il paesotto sembrava molto carino, una sfilza di casette colorate, tutte basse e sparpagliate sulla riva, appena la chiesa un po’ piú alta, ma neanche tanto. E intorno, le montagne innevate. Davanti le acque del fiordo Ultima Speranza (sigh!). Tant’é vero che ho pensato di fermarmici per un po’ di tempo, visto che ho un certo anticipo sui programmi rivisti. Al momento di sbarcare, si aprono le cateratte. Una pioggia gelida, dalla quale non ti puoi difendere perché il vento te la tira addosso con forza. Un’ora ad attendere i bagagli, peggio che alla Malpensa, in un hangar che avrebbe potuto contenere una mezza dozzina di elicotteri, riscaldato da ben due stufe!!! Non vi sto a dire le scene pietose per accaparrarsi un posto vicino ad una stufa: d’altra parte, se uno viene qui per due giorni di escursioni, non puó permettersi di prendersi un accidente appena arrivato! I tedeschi come il solito si sono distinti per la loro tenacia, tipo che quando arrivano in postazione la tengono fermamente. Invece di contingentare gli immigrati che vogliono venire in Italia, dovrebbero contingentare i turisti tedeschi che lasciano il loro paese. Forse sono un po’ razzista, ma vi assicuro che il sudamerica é pieno di turisti tedeschi, che fanno i turisti a modo loro, a spallate e a pestate di piedi (quelli degli altri), e dopo tre mesi non ne posso piú  di loro. Ma stavo dicendo dell’arrivo. Il mio carissimo albergatore aveva avuto la cortesia di mandarmi a prendere, cosí appena entrata in possesso dei miei 2 ( sí, ben due!) bagagli, ho potuto seguire il cartello che diceva “ LAURA GALIMBERTI” verso caldi ed asciutti lidi. Combinate le escursioni per i due giorni successivi, nella speranza di un miglioramento del tempo, mi sono cacciata sotto una doccia calda e poi sotto un meraviglioso piumone, e buonanotte. Anche se erano le sei del pomeriggio.

Il giorno dopo: escursione al parco nazionale Torres del Paine, una meraviglia della natura, vette innevate, laghi azzurrissimi, fiumi vorticosi, cascate, iceberg, guanachi e condor. Questo sul depliant. Ecco quello che ho visto: le vette innevate me le sono immaginate, ma siccome la neve arrivava anche piú in basso, quella l’ho vista, spuntava sotto le nuvole. Peró a mezzogiorno abbiamo avuto il regalo di uno squarcio di sereno e sono spuntate due delle tre torri del Paine: cosí insperato che é sembrato un paesaggio magico. I laghi erano desolatamente grigi, riflesso del grigiume del cielo. I fiumi, sí, vorticosi, ma piú che fiumi torrenti e la cascata grande ( il salto grande) era di 12 metri (mi é venuta in mente la cascata nella giungla di Tioman, dove sono stata con Michel: dopo aver arrancato nel caldo tropicale seguendo sentieri non tracciati e sudando a piú non posso, con il miraggio di arrivare alla cascata e buttarcisi dentro, abbiamo trovato un salto d’acqua di un paio di metri e l’acqua era anche calda!). Qui in compenso l’acqua é gelida, anche se non serve che lo sia...Ma nel pomeriggio, il piatto forte, quello per cui alla fine della giornata ero proprio soddisfatta: gli iceberg! Li abbiamo trovati in una laguna che esce dal Lago Grey, cioé si staccano dal ghiacciaio del lago Grey, se ne andavano lenti lenti verso la bocca del fiordo, grandi, azzurri, quasi paurosi. Sí, fanno un poco di paura, perché una tale mole in movimento implica una forza d’urto inimmaginabile, incontrastabile. Come ben sappiamo, se ti viene addosso ti viene addosso. E basta. Li abbiamo guardati dalla spiaggia, con rispetto. Saremmo stati lí per chissá quanto tempo, a guardare lentamente i tempanos che lentamente scivolavano via, ma evidentemente Fantozzi e Murphy erano anche loro da quelle parti ed il trio si é ricomposto. Dopo un po’ ecco la pioggia ed il vento gelido. E su una lunga e larga spiaggia vi sfido a trovare un riparo! Per concludere la cronaca, manca solo da dire che ho visto due condor ed un sacco di guanachi.

Il giorno dopo: navigazione sul fiordo Ultima Speranza, ghiacciai Balmaceda e Serrano. Siccome ancora non avevo capito come funzionava il meteo da queste parti, mi ero iscritta anche a questa escursione. Mentre il giorno prima era stato nuvoloso e ventoso, ma aveva piovuto solo alla fine, questa volta ha cominciato a piovere alle otto di mattina e praticamente non ha smesso per tutto il giorno, tranne rare pause molto brevi. Mi sono detta: pazienza, sará meno bello il panorama, ma almeno me ne staró seduta al riparo e viaggeró tranquilla. Giá. Peccato che per andare a vedere il ghiacciaio Serrano ci sia voluta una camminata di un’ora, tra andare e tornare. Comunque, uno spettacolo notevole. Il ghiacciaio arriva in una laguna, in cui poi cominciano a navigare i tempanos (l’ho detto, che i tempanos sono gli iceberg?) , nella quale c’era un barcaiolo che tentava di tirare fuori la barca dal ghiaccio che la contornava per portarci a fare un giro! Roba da non credere. L’altra cosa incredibile é la flora che c’é intorno alla laguna e al ghiacciaio: fiorellini, pini, alberi alti e bassi, cespugli, erbetta: insomma,qualcosa che non ti aspetteresti certo con questa temperatura. Siamo rientrati. nelle condizioni che vi potete immaginare, a bordo. Eravamo una cinquantina. La stufa era una sola. Ho detto tutto. Per fortuna il ghiacciaio Balmaceda, nonostante vent’anni fa arrivasse all’acqua e adesso sia molto piú indietro, lo si é potuto vedere senza scendere. Quando sono tornata a Puerto Natales, la sera, sono andata a comprare il biglietto del bus per Punta Arenas per la mattina dopo. Di Puerto Natales e di pioggia ne avevo proprio abbastanza!

 

Pinguini

 

Dunque, tanto per cominciare bisogna dire che i pinguini sono PICCOLI. I pinguini piú grandi, gli imperatori, pare che possano arrivare a un metro, quelli di Magallanes che ci sono qui sono alti, dicono le guide, 70 centimetri. Io non ci credo, sono sicura che sono poco piú di mezzo metro. Quando lo dico alla guida che ci accompagna, quello ha il coraggio di rispondermi che siccome fa freddo se ne stanno con le spalle incurvate, tutti raccolti, per questo mi sembrani piú piccoli! Credo che il mio problema sia di aver visto sempre documentari sui pinguini senza sistemi di misura di riferimento, cosí mi sono fatta l’idea che fossero molto piú grandi. Peró sono simpatici, questi pollastri. Mi trovo in un posto orridamente turistico, si chiama “La pinguinera”, pensate un po’, come dire il pollaio. D’altra parte, se da Punta Arenas vuoi vedere i pinguini, l’unica é venire qui. Infatti sono cosí poco furbi, i pinguini, che utilizzano solo questa spiaggia, davanti all’impalcatura di legno per i turisti. O poco furbi o esibizionisti, chissá. Quando arrivi, comincia che li trovi a spasso fra i cespugli, nell’entroterra. Ed anche questa é una cosa che mi ha sbilanciato, oltre alle loro dimensioni: li avevo sempre visti sul ghiaccio! Invece razzolano. Noi intrusi dobbiamo stare sempre sulle passerelle di legno, non correre e non urlare (indovinate chi si chiama urlando di qua e di lá?), salire sulle piattaforme di avvistamento nei campi non piú di tre alla volta, mentre sulla lunga passerella della spiaggia possiamo starci in molti. Tutto fatto per disturbare le bestie il meno possibile, peró comunque siamo dei rompiscatole. Allora non mi spiego perché i pinguini continuino a stare qui. La spiaggia é lunghissima, la campagna vasta e non cintata. La guida mi assicura che non li nutrono, sarebbe un alterare l’equilibrio naturale. L’unica spiegazione é che siano dei grandi esibizionisti, che ci godano ad essere fotografati e ripresi nei filmini delle vacanze. Probabilmente il clic clic li diverte. Ed in effetti, sembra a volte che si mettano in posa, come quando escono dall’acqua e se ne stanno lí, con le due striminzite alucce aperte per farle asciugare. Se poi ne incontri uno abbastanza vicino, ti guarda a lungo, poi si sposta un poco, si mette di profilo, volta la testa come per vedere se lo stai fotografando, zampetta ma senza andarsene, sul posto, poi ti offre il profilo dall’altro lato. E tu sei lí che lo vorresti vedere camminare, perché é proprio la cosa piú divertente, e lui invece fa il divo in attesa che gli si chieda un autografo.

Siamo venuti qui alle cinque della sera, perché prima i pinguini se ne stanno in mare a pescare, tranne quelli che covano sulla spiaggia. Adesso invece tornano al pollaio, nutrono il coniuge che pazientemente tiene l’uovo al caldo, e poi si mettono a cuccia a dormire. C’é un cartello che spiega come avviene la vita del pinguino, durante l’anno: é molto interessante scoprire come in Cile, tra le tante cose che sono “il piú...”, c’é anche un mese piú lungo che in tutto il mondo. Infatti dal cartello si vede che alla fine di ottobre viene deposto l’uovo, poi la femmina cova per 21 giorni, poi il maschio cova per 21 giorni, poi la femmina cova per altri 7 giorni e all’inizio di dicembre l’uovo si apre ed esce il polluello. Io sono la prima a sostenere che la matematica é un’opinione, ma qui mi sembra proprio che esageriamo!

In sostanza, i pinguini sono dei grandi attori: al cinema sono molto piú belli che nella realtá. Se poi avete voglia di nausearvi di loro, c’é un centinaio di foto di pinguini nella sezione a parte, perché io critico tanto ma poi sono una di quelle che clic clic clic clic......