Di lui sapevo poche cose: si chiamava Alessandro e aveva quarantasei anni. Era un essere "pensante" nonostante fosse troppo polemico, capriccioso e cocciuto. Certo, sì, sapeva essere anche piacevole e intrigante ma troppo spesso vendicativo e sempre pronto a darti un ultimatum. Non parlava mai di sè, non si apriva mai con nessuno, però sapeva osservare i suoi sentimenti nel loro nascere e dissolversi.
A lungo mi chiesi il perche del suo atteggiamento di massima chiusura nei miei confronti, glielo feci anche notare, ma non riuscii mai ad abbattere questa sua resistenza. Finché un giorno si litigò, io gli chiesi per l'ultima volta di mettersi in contatto con la parte dimenticata di se stesso per aprirsi al mondo, nella fattispecie a me (!?), ma lui disse "No". E neanche "No, grazie dell'invito", proprio "No". E credo che noi tutti sappiamo quanto fastidiosi siano, a volte, rifiuti come questi.
Ci rimasi male, tra l'altro era pure scontroso e un giorno in cui mi sentii particolarmente battagliera, decisi di punirlo, a modo mio. Sì, sì, lo so che non è cosa buona e giusta punire qualcuno ma...che ci volete fare, in fondo mi sentivo ferita . Per interi giorni preparai il mio piano, volevo curare tutto nei minimi particolari, questa volta Alessandro doveva accorgersi di avere un tremendo bisogno di fidarsi di qualcuno per tirarsi fuori da quanto gli stavo per combinare.
Venne il giorno della punizione, in ufficio tutto sembrava normale, Alessandro come al solito era chiuso in se stesso pronto ad aggredire chiunque alla prima occasione. Ad un tratto giunse una telefonata, Alessandro rispose e sbianco' in viso. Cerco' di dire qualcosa, ma da una parte lui era confusissimo, e dall'altra all'altro capo del filo doveva esserci una persona che si esprimeva con un tono perentorio e che non ammetteva repliche. Quando riappese, non disse una parola e si mise a fissare per qualche istante la parete di fronte. Poi finse di rimettersi al lavoro, ma alla fine si alzo' e si allontano', sempre muto.
Se la mia amica che lavora in banca aveva fatto quello per cui ci eravamo accordate, quello che doveva essere successo era che l'aveva appena avvisato di un buco (inventato, chiaro) di alcune centinaia di milioni sul suo conto. Quando rientrò in ufficio, lo guardai con sorpresa e gli chiesi che cos'era successo. - Niente, niente... - disse, sempre teso, e si rimise a sedere.
Forse fui davvero perfida, lo so, ma l'idea mi piaceva troppo per rinunciare a quella piccola (si fa per dire) punizione a modo mio. La sera stessa lo invitai a cena da me, con la scusa di fargli assaggiare una nuova ricetta insegnatami da una vecchia amica e - incredibile! - accettò il mio invito. Per tutta la serata mi mostrai cordiale, fingendo all'inizio di non notare il suo sguardo smarrito, l'atteggiamento nervoso e spaventato da qualsiasi ombra sulla parete dietro di lui. Fortunatamente riuscivo a trattenere le risate abbastanza bene, altrimenti mi sarei rotolata sotto il tavolo con le lacrime agli occhi. Dopo un po', comunque, quando ormai era la quarta o quinta volta che lo vedevo passarsi stancamente la mano sugli occhi e sulla fronte, gli chiesi, con l'aria più innocente del mondo:
"Ma cos'hai? Sei stanco?"
"Non sono stanco, sono seccato e molto offeso e ho accettato questa cena per capire che diavolo hai combinato. Ti sto facendo un favore, prima di denunciarti!!"
"Io? Alessandro ma di cosa stai parlando?"
"Sto parlando del fatto che sul mio conto corrente mancano parecchi soldi"
"E scusa io cosa ne so dei tuoi soldi?"
"Te lo spiego subito: notando la mancanza ho fatto fare una ricerca e risulta che dal tuo pc sul quale solo tu lavori in quanto hai una pass personale e riservata, è stato fatto un prelievo dal mio conto. I soldi poi sono stati trasferiti su un altro conto intestato al tale Signor Bellomi"
Rimasi a bocca aperta....il Signor Bellomi era il fratello della collega alla quale avevo chiesto di fare lo scherzo. E ancora di più mi sbalordì il fatto che lei conoscesse la mia password. Cosa potevo dire adesso? Inutile dire che la cosa mi lasciò spiazzata, la conclusione della serata non poteva complicarsi maggiormente, era evidente che ero stata usata altrimenti mai avrei fatto quell'invito. Cercai di spiegarmi ma Alessandro non ne voleva sapere e uscì dandomi una giornata di tempo per rimettere le cose a posto, altrimenti sarebbero partite le denunce.
Mai in vita mia mi era successo un fatto simile. Inutile dire che la notte fu una veglia nonostante la tisana e scoprii un lato nuovo di me stessa, avevo paura di non farcela, pensai alle figure con i famigliari e i colleghi, non disponevo di una cifra per coprire l'ammanco e mi colse la disperazione.
Uscii alle sette da casa, salii in auto e cominciai a pigiare sull'acceleratore per le strade ancor poco trafficate, provavo una certa ebbrezza e il fatto mi fece dimenticare tutto. Improvvisamente l'auto cominciò a sussultare, la spia del carburante era sul rosso stabile, mi fermai sul ciglio di una strada alberata, alzai il cofano, perché?......forse per il fatto che quando si è in panne si alza il cofano e si guarda cosa c'è dentro senza capirci niente. Sentii un fruscio e mi si affiancò una limousine condotta da un autista tutto in grigio scuro, dalla porta posteriore uscì e si avvicinò un signore alto, brizzolato, leggermente claudicante, distinto. Mi domandò con una voce profonda e la erre moscia cosa era successo e diede ordini al suo autista......... "Cos'e' successo, dice?" Risposi quasi con le lacrime agli occhi. Non volevo certo mettermi a piangere li' come una cretina, ma lo stress, la notte senza sonno eppure carica d'incubi, il pensiero fisso di come avrei fatto a... Insomma, sbottai e mi misi a raccontare tutto, come a volte si fa con un perfetto sconosciuto, affidando a lui che non ci conosce pensieri che non riveleremmo agli amici piu' cari. Ascoltava senza tradire emozioni, ma con evidente interesse. "Posso aiutarvi io", rispose alla fine con un sorriso strano. "Sia per la macchina che per il resto. Ma vi costera' comunque un ringraziamento. No, niente di quello che state pensando: sono vecchio per queste cose. Diciamo che potrei avere un certo tornaconto. Ma intanto salite sulla mia macchina: mandero' Pietro a riprendere la vostra. Finiremo di parlare davanti a una tazza di caffe' ". Fin qui, la storia seguiva un binario prevedibile. Quel che non mi aspettavo, entrando in casa sua (un villone da favola), era la targa sul cancello: "Villa Bonomi", e poi il sorriso beffardo della mia amica sprofondata in una poltrona con un vassoio di biscotti in mano, lei sempre cosi' attenta alla linea.